Io sono dell’idea che non siamo noi a scegliere i libri ma sono i libri che scelgono noi, l’altro giorno girando per le immense librerie di Oxford mi è successo proprio questo. Il fato ha voluto che in un periodo dove mi stavo interrogando sulle forme di partecipazione democratica mi fossi trovato davanti al “Manuale degli attivisti, una guida passo a passo per la democrazia partecipativa” di Aidan Riketts.
L`autore, come si può
leggere nella biografia del suo sito, era un attivista che si occupava di
tematiche ambientali. Nel 2003 ha iniziato a dedicare il suo tempo alla
formazione degli attivisti, istituendo un corso alla Southern Cross University,
Australia. Oltre che rimanere impegnato
come attivista ha quindi iniziato un lavoro di istruzione e formazione tramite
seminari, workshop e consulenze per gruppi di attivisti in giro per il mondo.
La sua opera prima, pubblicata
a Londra nel 2012, è stata distribuita in tutti i paesi anglofoni. Rappresenta
il culmine di una vita spesa con passione a capire, vivere ed applicare la
democrazia. Il libro è strutturato come un libro di testo. Ad una breve
introduzione teorica seguono parti pratiche come strategia, comunicazione,
ricerca, legislazione, sostenibilità ed attivismo digitale. Sicuramente per noi
Italiani la parte legislativa può essere meno utile ma la grande forza di
questo testo è che da una nuova visione della partecipazione democratica. Come
guardare una Ferrari dopo aver studiato meccanica o il corpo umano dopo aver
fatto medicina.
Per invogliarvi alla
lettura voglio tradurvi un paragrafo:
La pratica della democrazia:
Abbiamo considerato il
modo in cui l’interesse pubblico invoca direttamente gli ideali di democrazia.
E` un buon momento per dare uno sguardo un poco più profondo al concetto di
democrazia. Democrazia è un termine contestato; quasi tutti i reggimi sul
pianeta, non importa quanto siano oppressivi, dichiarano di essere in qualche
modo democratici. La sfida in molti paesi è determinare quanto è o quanto
aspiri ad essere robusta la democrazia.
Il giudice J.Kirby dell’Australian High Court ha osservato che
democrazia vuole dire molto più della semplice “ rito triennale di visita alla
cabina elettorale”.
La pratica della
democrazia richiede cittadini che prendono un ruolo attivo negli affari della
comunità e della nazione e che siano pronti a fare sentire ed ascoltare le
preoccupazioni della gente.
Un importante questione
per un paese sviluppato è se esso miri ad avere una democrazia massimalista o
minimalista. Nel peggiore dei casi una democrazia rappresentativa può semplicemente
ridursi ad un sistema nel quale le persone scelgono i loro oppressori ogni tre
o quattro anni; il miglior caso può essere un sistema il quale include una
fiorente cultura della partecipazione democratica.
La visione partecipativa
della democrazia considera il ruolo della partecipazione dei cittadini come un
passare continuamente attraverso proteste, assemblee, referendum, azioni legali,
lobbying, scioperi e azioni dirette o indipendenti dal ciclo elettorale.
Nonostante molte di queste cose siano parzialmente tollerate nella cultura
politica delle nazioni sviluppate, esse continuano a occupare una posizione
ambigua e precaria.
Particolarmente nei paesi
con un ordinamento giuridico anglosassone (common law) altre che negli USA, era
tradizionalmente insolito avere una carta dei diritti radicata. Questo ha
iniziato a cambiare dopo l’adozione della carta dei diritti da parte di Canada,
Regno Unito e nuovo Zelanda. La Costituzione Canadese è molto più potente nel
fare questo perché è costituzionalmente tutelato, rispetto a quello che tutela
la costituzione americana. In assenza dell’adozione della carta dei diritti l’ordinamento
anglosassone (common law) riconosce davvero poco in termini di diritto alla
partecipazione. In Australia dove non c’è
una carta dei diritti nazionale, il diritto di protesta non è riconosciuto e le
persone sono frequentemente arrestate per essere coinvolte in varie attività di
protesta. Nello stato del Queensland nel 1980, per esempio, non c’era il
diritto di assemblea pacifica, tutti gli attivisti politici erano soggetti a
sorveglianza, e gli scioperi erano considerati come offese criminali in alcune
industrie. In molti ordinamenti giuridici c’erano leggi per prevenire scioperi
in supporto di altre associazioni, o per supporto a tematiche esterne al luogo
di lavoro. In questo modo il ruolo dei
sindacati in un più ampio dibattito sulla giustizia sociale veniva ristretto,
così veniva eroso un caposaldo del diritto alla partecipazione.
DG