Tuesday 5 June 2012

The Activists Handbook (a step to step guide to participatory democracy)



Io sono dell’idea che non siamo noi a scegliere i libri ma sono i libri che scelgono noi, l’altro giorno girando per le immense librerie di Oxford mi è successo proprio questo. Il fato ha voluto che in un periodo dove mi stavo interrogando sulle forme di partecipazione democratica mi fossi trovato davanti al “Manuale degli attivisti, una guida passo a passo per la democrazia partecipativa” di Aidan Riketts.

L`autore, come si può leggere nella biografia del suo sito, era un attivista che si occupava di tematiche ambientali. Nel 2003 ha iniziato a dedicare il suo tempo alla formazione degli attivisti, istituendo un corso alla Southern Cross University, Australia.  Oltre che rimanere impegnato come attivista ha quindi iniziato un lavoro di istruzione e formazione tramite seminari, workshop e consulenze per gruppi di attivisti in giro per il mondo.

La sua opera prima, pubblicata a Londra nel 2012, è stata distribuita in tutti i paesi anglofoni. Rappresenta il culmine di una vita spesa con passione a capire, vivere ed applicare la democrazia. Il libro è strutturato come un libro di testo. Ad una breve introduzione teorica seguono parti pratiche come strategia, comunicazione, ricerca, legislazione, sostenibilità ed attivismo digitale. Sicuramente per noi Italiani la parte legislativa può essere meno utile ma la grande forza di questo testo è che da una nuova visione della partecipazione democratica. Come guardare una Ferrari dopo aver studiato meccanica o il corpo umano dopo aver fatto medicina.

Per invogliarvi alla lettura voglio tradurvi un paragrafo:

La pratica della democrazia:
Abbiamo considerato il modo in cui l’interesse pubblico invoca direttamente gli ideali di democrazia. E` un buon momento per dare uno sguardo un poco più profondo al concetto di democrazia. Democrazia è un termine contestato; quasi tutti i reggimi sul pianeta, non importa quanto siano oppressivi, dichiarano di essere in qualche modo democratici. La sfida in molti paesi è determinare quanto è o quanto aspiri ad essere robusta la democrazia.  Il giudice J.Kirby dell’Australian High Court ha osservato che democrazia vuole dire molto più della semplice “ rito triennale di visita alla cabina elettorale”.
La pratica della democrazia richiede cittadini che prendono un ruolo attivo negli affari della comunità e della nazione e che siano pronti a fare sentire ed ascoltare le preoccupazioni della gente.
Un importante questione per un paese sviluppato è se esso miri ad avere una democrazia massimalista o minimalista. Nel peggiore dei casi una democrazia rappresentativa può semplicemente ridursi ad un sistema nel quale le persone scelgono i loro oppressori ogni tre o quattro anni; il miglior caso può essere un sistema il quale include una fiorente cultura della partecipazione democratica.
La visione partecipativa della democrazia considera il ruolo della partecipazione dei cittadini come un passare continuamente attraverso proteste, assemblee, referendum, azioni legali, lobbying, scioperi e azioni dirette o indipendenti dal ciclo elettorale. Nonostante molte di queste cose siano parzialmente tollerate nella cultura politica delle nazioni sviluppate, esse continuano a occupare una posizione ambigua e precaria.
Particolarmente nei paesi con un ordinamento giuridico anglosassone (common law) altre che negli USA, era tradizionalmente insolito avere una carta dei diritti radicata. Questo ha iniziato a cambiare dopo l’adozione della carta dei diritti da parte di Canada, Regno Unito e nuovo Zelanda. La Costituzione Canadese è molto più potente nel fare questo perché è costituzionalmente tutelato, rispetto a quello che tutela la costituzione americana. In assenza dell’adozione della carta dei diritti l’ordinamento anglosassone (common law) riconosce davvero poco in termini di diritto alla partecipazione.  In Australia dove non c’è una carta dei diritti nazionale, il diritto di protesta non è riconosciuto e le persone sono frequentemente arrestate per essere coinvolte in varie attività di protesta. Nello stato del Queensland nel 1980, per esempio, non c’era il diritto di assemblea pacifica, tutti gli attivisti politici erano soggetti a sorveglianza, e gli scioperi erano considerati come offese criminali in alcune industrie. In molti ordinamenti giuridici c’erano leggi per prevenire scioperi in supporto di altre associazioni, o per supporto a tematiche esterne al luogo di lavoro.  In questo modo il ruolo dei sindacati in un più ampio dibattito sulla giustizia sociale veniva ristretto, così veniva eroso un caposaldo del diritto alla partecipazione.

DG